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Trombolisi batte terapia anticoagulante nell’embolia polmonare

Un team di ricercatori americani ha condotto una meta-analisi per determinare i benefici sulla mortalità e i rischi di sanguinamento associati alla terapia trombolitica a confronto con la terapia anticoagulante nell’embolia polmonare acuta, incluso un sottogruppo di pazienti emodinamicamente stabili con disfunzione ventricolare destra (embolia polmonare a rischio intermedio). La terapia trombolitica è stata associata a più bassi tassi di mortalità per tutte le cause e a un aumento del rischio di sanguinamento maggiore e di emorragia intracranica.

Nessuna analisi statisticamente rilevante ha chiarito se la terapia trombolitica sia associata a una maggiore sopravvivenza rispetto alla terapia anticoagulante convenzionale.

La presente meta-analisi è stata condotta sulla letteratura presente fino al mese di aprile 2014 su PubMed, Cochrane Library, EMBASE, EBSCO, Web of Science e il database CINAHL. Gli studi eleggibili erano trial clinici randomizzati che mettevano a confronto la terapia trombolitica vs terapia anticoagulante nei pazienti con embolia polmonare. Sono stati identificati sedici studi che avevano coinvolto 2.115 individui. Otto studi (con 1775 pazienti) includevano soggetti con embolia polmonare a rischio intermedio.

Gli output primari erano mortalità per tutte le cause e sanguinamento maggiore. Gli output secondari erano il rischio di embolia polmonare ricorrente e l’emorragia intracranica (ICH). Il rapporto Peto odds (OR) con 95% CI è stato calcolato con l’utilizzo di un modello ad effetti fissi.

L’uso di trombolitici è stato associato a una minore mortalità per tutte le cause (OR, 0.53, 95% CI, 0,32-0,88; 2,17% [23/1061] vs 3,89% [41/1054] con anticoagulanti, numero necessario da trattare [NNT] = 59) e maggiori rischi di sanguinamento maggiore (OR 2,73, 95% CI, 1,91-3,91; 9.24% [98/1061] vs 3,42% [36/1054], numero necessario per nuocere [NNH] = 18) e ICH (OR 4,63, 95% CI, 1,78-12,04; 1,46% [15/1024] vs 0,19% [2/1019]; NNH = 78).

Il sanguinamento maggiore non è aumentato significativamente nei pazienti con 65 anni e più giovani (OR, 1,25, 95% CI, 0,50-3,14). La trombolisi è stata associata a un minor rischio di embolia polmonare ricorrente (OR, 0.40, 95% CI, 0,22-0,74; 1,17% [12/1024] vs 3,04% [31/1019]; NNT = 54). Negli studi sull’embolia polmonare a rischio intermedio, la trombolisi è stata associata a una minore mortalità (OR 0,48, 95% CI, 0,25-0,92) e a più eventi emorragici maggiori (OR 3,19, 95% CI, 2,07-4,92). 

Nei pazienti con embolia polmonare, compresi quelli emodinamicamente stabili con disfunzione ventricolare destra, la terapia trombolitica è stata associata a più bassi tassi di mortalità per tutte le cause e a un aumento del rischio di sanguinamento maggiore ed emorragia intracranica. Tuttavia – concludono i ricercatori americani – i risultati non possono applicarsi ai pazienti con embolia polmonare che sono emodinamicamente stabili senza disfunzione ventricolare destra.

Lo studio su JAMA