Dubbi su screening mammografico

Secondo Auori svizzeri lo screening mammografico è di dubbia utilità e pertanto deve essere attentamente discusso con le pazienti in rapporto al bilanciamento tra rischi e benefici.

Sul numero del 22 maggio ’14 del New England Journal of Medicine, Biller-Abdorno e Jüni trattano un argomento sempre molto dibattuto, lo screening mammografico, questa volta dal punto di vista del Swiss Medical Board al quale appartengono come esperti (“Abolishing Mammography Screening Programs? A View from the Swiss Medical Board”).

In sintesi, gli autori partono da una domanda: i benefici dello screening mammografico riguardanti la mortalità da cancro mammario in riferimento ai trials iniziati tra il 1963 e il 1991 (quindi prima dell’era delle moderne terapie per questa patologia) possono avere ancora un senso in un trial condotto ai giorni nostri?

Seconda considerazione: il rischio relativo del 20% nella riduzione della mortalità da k mammario associato a mammografia porta a una “considerable diagnostic cascade” ovvero ad una serie di esami diagnostici in più quali mammografie, biopsie, ecc.

Un esempio in tal senso deriva dal Canadian National Breast Screening Study nel quale a un centinaio di donne tra le 45000 sottoposte a screening mammario era stato diagnosticato un cancro poi non confermato e conseguentemente erano state trattate, come definito da Biller-Abdorno e Jüni, “unnecessarily”(interventi chirurgici, radio e/o chemioterapia).
Per confermare tali dati, una Cochrane review del 2013 su 10 trials comprendenti 600.000 donne non mostrava alcuna evidenza riguardo il fatto che lo screening mammografico aveva un effetto positivo sulla mortalità.
Terzo punto, la percezione delle donne sui benefici della mammografia, ben più alta rispetto ai reali effetti della mammografia stessa.
In sostanza, secondo lo Swiss Medical Board, sulla base dei dati esaminati, lo screening mammografico può prevenire circa 1 decesso per k mammario ogni 1000 donne e, seguendo i dati USA, per ogni decesso da cancro mammario “risparmiato”, da 490 a 670 donne potranno essere sottoposte a una mammografia con esito di falso positivo, da 70 a 100 a una biopsia non necessaria e da 3 a 14 a una diagnosi di k mammario che (sempre secondo gli autori) non si manifesterà mai.
Da questi elementi, lo Swiss Medical Board raccomanda di non introdurre nuovi screening mammografici e di limitare gli screening già in essere.
Ovviamente, riferiscono gli autori, i risultati dei lavori dello Swiss Medical Board hanno suscitato proteste da parte degli esperti elvetici (oncologi, chirurghi, ecc.), alcuni dei quali hanno definito le conclusione del Board come non etiche e non è dato sapere se le conclusione dell’Ente elvetico, che è non governativo, avrà ripercussioni sulle politiche preventive in Svizzera. Qui, ricordano Biller-Abdorno e Jüni, i cantoni di lingua francese e italiana sono più propensi ai programmi di screening rispetto a quelli di lingua tedesca.

In conclusione, secondo gli autori, la scelta migliore sul tema “screening mammografico” deve derivare da un’informazione chiara, imparziale, da una promozione appropriata delle cure , prevenendo le sovradiagnosi e i trattamenti non necessari.

Al termine dell’articolo viene ricordato che il punto di vista espresso è quello degli autori e non necessariamente rispecchia quello di tutti i componenti del Board.

a cura di: Stefano Nobili